paolo sacerdoti
C’è una porta, una volta superata la quale, proprio come accadeva ad Alice, si entra in un altro mondo. Ma quello in cui ti catapulta Roseline, non è un paese delle meraviglie. Non in senso stretto, almeno. È un palazzo di 3500 metri quadrati sospesi in una dimensione diversa, in cui si rincorrono stanze e corridoi, rifugi e nascondigli dove una comunità di senzatetto ha ricreato una società indipendente. Il mondo esterno resta fuori da questo edificio abbandonato del centro di Milano, in cui Paolo Sacerdoti — classe 1994, formazione doppia: da una parte gli studi scientifici al Politecnico, dall’altra quella teatrale, con i diplomi allo Strasberg di New York e a Yale — ha dato vita a quello che, partito come «un progettino da fare a casa di amici», è diventato un imponente dramagate in scena da sabato a Palazzo Calchi Taeggi.. «Forse, in Italia, dal teatro non ci si aspetta la ricerca che ormai è richiesta alle serie tv», spiega seduto su una poltrona sgualcita di quel piccolo u